Influencer, attore, content creator e dopo il successo di The White Lotus, con il quale porta a casa l’ambito Screen Actors Guild Award 2023 adesso è anche giudice di Drag Race Italia.
Paolo Camilli, fiero di essere marchigiano, è un artista poliedrico.
Dalle sue pubblicità progresso sui social, con milioni di visualizzazioni, emerge il Paolo che fin da bambino ha sempre sognato di vestire i panni delle sue star preferite.
L’ironia è il suo cavallo di battaglia, come scordarsi la sua versione dei personaggi più influenti del momento sui social, da Carrie Bradshaw, a Victoria dei Måneskin fino ad arrivare al presidente del Consiglio: Giorgia Meloni.
Paolo Camilli è? Che belva si sente? Come direbbe qualcuno, non potevamo resistere.
Una lontra! Giocherellona, che si accarezza il pelo della pancia, ma se arriva un’onda forte tiene per mano l’altra lontra per non farla scivolar via.
Sei attore, content creatore, comico, ballerino, sei stilista della tua linea di scarpe Vàrdash. Quando hai capito di avere un talento comico e creativo ed hai deciso di creare il tuo primo contenuto sui social, raccontaci un aneddoto dei tuoi esordi su Instagram.
A parte che con questa presentazione sembro più Valeria Marini in una famosa intervista… comunque, sin da piccolo mi divertivo a fare imitazioni e parodie a scuola. Era anche una forma di ricerca di consenso: essere simpatico mi aiutava ad essere ben voluto e accettato.
Poi, anni fa, mentre lavoravo molto a teatro con spettacoli drammatici, è naturalmente emerso il desiderio di dare spazio anche alla mia parte più ironica; così mi sono messo a creare qualche contenuto comico. Dopodiché, ho avuto l’onore di lavorare in due programmi di Serena Dandini, che ha stimolato moltissimo questa mia parte. E con la pandemia, avendo più tempo, ho aumentato la produzione di contenuti social.
Dopo il cinema il teatro e i social, qual è la tua comfort zone preferita?
Nessuno tra questi citati rappresenta la mia comfort zone. In realtà esporsi sempre più e in più ambiti ti porta naturalmente fuori dalla tua zona di comfort, perché devi misurarti con contesti che non avevi sperimentato e con ruoli che non avevi interpretato prima. Ad un tratto nella mia vita ho capito che desideravo fortemente fare questo lavoro, ma che ne ero anche fortemente terrorizzato, e la mia zona di comfort era proprio il mostrarmi-ma-non-troppo, per paura di essere giudicato, di sbagliare, di non essere all’altezza.
Qual era da bambino il tuo sogno nel cassetto? Si è già realizzato?
Volevo fare l’archeologo, poi il farmacista solo per staccare e attaccare le etichette con quella sorta di taglierino, poi il cuoco.
In realtà non sapevo cosa volessi fare da grande, ma tutti me lo chiedevano. Ricordo che la scelta della scuola superiore fu angosciante! Alla fine scelsi quella più vicina a casa solo perché ci andava anche il mio migliore amico.
Parliamo di amore e famiglia. Ti piacerebbe avere un famiglia, dei bambini? Hai già trovato il tuo principe azzurro?
Principe azzurro? Io la scarpetta non me la perdo, al massimo la faccio col sugo.
Voglio sicuramente avere una famiglia, con o senza bambini. Per me la presenza o meno di figli non determina la completezza di una famiglia.
Sei il nuovo giudice della terza stagione di Drag Race Italia, qual è stata la tua reazione quando te l’hanno proposto? Secondo te perché pensi sia importante una gara sull’arte Drag in Italia?
Che consiglio ti senti di dare ai performer italiani che vogliono intraprendere una carriera come Drag Queen o da creator sui social?
Quando ho saputo di essere stato scelto come giudice di Drag Race Italia ho saltato e camminato per casa senza un senso logico. Ho letteralmente passeggiato anche sopra il divano.
È importante dare spazio a forme d’arte come quella Drag, perché rappresenta soprattutto il coraggio. Coraggio di esporsi, abbattere schemi e pregiudizi,…il coraggio di essere liberə!
Il mio consiglio è proprio questo: più ci si sente liberə e meno si ha paura di scoprire, sbagliare, sperimentare e crescere!
Tra il lavorare da solo sui social e la coralità di Drag Race, o di White Lotus, cosa preferisci?
Quando hai il controllo di tutto ti senti più al sicuro (e qui torna a gamba tesa la comfort zone). Nei progetti corali, invece ti devi per forza anche affidare agli altri e questo è fondamentale per la tua crescita umana e professionale.
Hai mai subito atti bullismo o body shaming da bambino? Secondo te da dove deriva quest’odio che oggi è sempre più diffuso nella nostra società?
L’odio c’è sempre stato, solo che prima ti arrivava più col passaparola o con qualche insulto o battuta, mentre ora basta aprire i social e si è letteralmente inondati, complice la possibilità di nascondersi dietro una tastiera.
Sono stato vittima di body shaming perché ero paffutello, e ho subito anche bullismo. I miei haters non sempre avevano un nome o un’identità precisa; subivo, come se essere bullizzato fosse un passaggio obbligatorio della crescita, una cosa naturale. Un po’ come la storia della gazzella che sa che dovrà correre più del leone. C’era uno stato di allerta che dovevo mantenere sempre alto. Quando ho preso consapevolezza di essere omosessuale poi, stato di allerta level pro: ero nell’età della sperimentazione ma cercavo di nascondermi per non essere “scoperto” anche dai miei amici di scuola. Sì, è stato faticoso ma oggi, finalmente, sono orgoglioso di me!